Comunicato stampa – Biodistretto della Via Amerina e delle Forre ETS
Siamo nuovamente nel cuore dell’emergenza acqua e siamo solo all’inizio. L’incontro fra il Prefetto che fra le tante competenze ha anche quella dell’emergenza ambientale, la provincia che sul capitolo acqua ha importanti responsabilità e i sindaci che della situazione sanitaria sono i primi custodi, dovrebbe rappresentare un doveroso sussulto di responsabilità. Perché ciò accada, è fondamentale che la montagna non partorisca il topolino, è decisivo che si esca dalle mezze verità e dai pannicelli caldi, è fondamentale che sul tavolo si pongano le vere contraddizioni.
L’acqua si accumula nelle falde, lo sfruttamento incontrollato le porta all’impoverimento, questo ipersfruttamento ha tante ragioni, ma una su tutte, la coltivazione intensiva delle nocciole.
Il dato più clamoroso che si è avuto negli ultimi trenta anni è quello di una straordinaria moltiplicazione di noccioleti, non è un caso che siamo il primo polo di produzione della nocciola in Italia. Inoltre contro la scienza e il buon senso intere piantagioni coricole sono state portate fuori dalle aree di vocazione della produzione delle nocciole. E tutti sanno bene che questa pianta per noi preziosa, fuori dalle zone di vocazione chiede acqua, tanta acqua per essere produttiva.
Per anni e anni si è evitato di conoscere lo stato delle nostre falde, si sono chiusi gli occhi di fronte alla moltiplicazione dei pozzi e prelievi abusivi, non si è fatto nulla per avere conoscenza di quale è il reale consumo di acqua, i famosi contatori, utili per verificare il prelievo reale dell’acqua, giacciono da anni clandestini in regione.
Nell’emergenza dovrebbe essere chiaro che tutti, ad iniziare dalle coltivazioni intensive della nocciola dovranno ridurre drasticamente il consumo di acqua, avendo ben chiaro che garantire il consumo delle nostre comunità di questa preziosa risorsa è la prima delle priorità e che la salute dell’habitat naturale è il ramo sul quale siamo seduti.
Così come dovrebbe essere chiaro che le concessioni alla captazione di anni e anni fa, oggi con la siccità e la povertà delle falde non hanno più senso e dovrebbero essere radicalmente riviste. E’ quindi vitale per evitare di passare da un’emergenza all’altra per poi finire in un vicolo cieco affrontare con determinazione ciò che si è voluto ignorare per anni.
- Conoscenza della situazione qualitativa e quantitativa delle nostre riserve di acqua. Per le nostre zone i dati sugli afflussi nelle acque di falda e, soprattutto, le informazioni sulle possibilità di prelievo dalle stesse risalgono agli inizi del secolo
- Controllo del territorio sui luoghi di captazione degli acquedotti
- Revisione delle concessioni per il prelievo dell’acqua con reale controllo della quantità d’acqua che viene utilizzata per irrigare le colture
- Efficientamento del trasporto delle reti e consapevolezza nell’uso di produttori e cittadini dell’acqua
- Blocco dell’espansione dei noccioleti nelle zone della bassa Tuscia che non hanno la vocazione per tale coltura.
Investimenti di risorse pubbliche per ridurre drasticamente la chimica di sintesi in agricoltura, per sostenere un sistema di produzione agroecologico e la essenziale transizione idrica.
Infine non va dimenticato che l’abbassamento delle falde pone un ulteriore serio problema che ha risvolti sanitari ed economici. Ovvero l’aumento della concentrazione di arsenico, cosa che obbligherà la moltiplicazione dei sistemi di abbattimento, i cosiddetti “filtri”, con ulteriore aumento dei costi per la collettività.
Prima che il vento si trasformi in tempesta è bene che tutti, proprio tutti a partire dalle massime autorità politiche e istituzionali si assumano le loro responsabilità. Le misure tampone di oggi possono avere un senso, a condizione che da subito si metta mano a quelle misure essenziali, le sole che possono contrastare strategicamente l’emergenza acqua: oggi, domani e nel tempo lungo.