Risultati della sperimentazione sulle misure del PAN per la tutela della biodiversità da parte di ISPRA
L’Italia rappresenta il secondo produttore al mondo di nocciole dopo la Turchia, fornendo tra le 100 mila e le 130 mila tonnellate annue su oltre 70 mila ettari coltivati. Quella delle nocciole è una coltura in notevole espansione (tra il 2013 e il 2017 si è registrato un aumento del 12% della superficie coltivata a nocciolo)
Il territorio oggetto dello studio in questione riguarda la provincia di Viterbo, particolarmente interessata dalla presenza e sviluppo della corilicoltura. É stato esaminato, nei bienni 2015 – 2016 e 2018 – 2019, l’impatto dei prodotti fitosanitari e degli erbicidi sul suolo, sulla fauna e sulla flora presente nei campi presi in esame, comparando coltivazioni biologiche con coltivazioni convenzionali, ossia che utilizzano fitofarmaci ed erbicidi.
Sono state scelte simili matrici ambientali, simile disponibilità di habitat per le specie floristiche e faunistiche di interesse comunitario e/o conservazionistico, simili caratteristiche pedologiche del suolo e analoga presenza di annessi antropici del buffer del coltivo e l’eventuale presenza o vicinanza ad un sito natura 2000 e/o Aree protette.
Dopo un’ampia ricerca, nei bienni 2015 – 2016 e 2018 – 2019 sono state selezionate sei coppie di aziende agricole (tra campi biologici e convenzionali) per poter effettuare lo studio. Tra le varie coppie sono stati confrontati dati di tipo chimico, fisico eco-tossicologico e relativo allo stato dei bioindicatori. Inizialmente lo studio ha interessato campi limitrofi al Lago di Vico, per poi spostarsi verso i Comuni di Soriano nel Cimino Vallerano. e Corchiano. Sempre nella provincia di Viterbo. Nell’area protetta del Lago di Vico, dove c’è una presenza importante della coltivazione di nocciole, vi è di conseguenza un utilizzo notevole di erbicidi, fungicidi, insetticidi e fertilizzanti. Sono stati infatti riscontrasti problemi nell’ecosistema acquatico del Lago riconducibili all’eutrofizzazione, (riduzione di ossigeno, aumento di clorofilla e di biomassa algale). I trattamenti effettuati nei noccioleti sono stati di diverso tipo: erbicidi (anche a base di glifosate), fungicidi (tebuconazolo), insetticidi (deltametrine, Lamba-cialotrina), tutti prodotti che, secondo la misura 13 del PAN, non potrebbero essere utilizzati in area protetta, nonostante siano utilizzabili per le normative attuali.
Nel secondo biennio 2018 – 2019 sono state individuate 4 coppie di campi, non vicine ad aree protette. Nei coltivi analizzati sono stati utilizzati complessivamente 22 prodotti: 10 fungicidi, 6 insetticidi, 2 erbicidi e 4 sostanze di altra tipologia (corroboranti, fertilizzanti, cicatrizzanti). 14 di questi sono tossici o molto tossici per gli organismi acquatici di cui 11 con effetti a lungo termine. Solamente 3 sono compatibili con un’agricoltura biologica.
Residui sostanze attive nei corpi idrici
Nel biennio 2018 – 2019, sono state riscontrati valori di rame e zolfo che sono stati riscontrati sempre in concentrazione sostenute, specialmente nei campi convenzionali.
Analisi statistica per rame e zolfo, per quasi tutte le coppie di campi la differenza è risultata significativa, mentre per lo zolfo la differenza è risultata significativa per una coppia.
Dalle risultanze del primo biennio (2015-2016), è stata riscontrata l’assenza di tossicità nei campi coltivati biologicamente, mentre nei campi convenzionali sono stati registrati sporadici segnali di tossicità in particolare a carico di pulce d’acqua (Daphnia magna) 4,5%, e del batterio bioluminescente (aliivibrio fischeri) 10,1%.
Sebbene non siano state riscontrate notevoli differenze nelle analisi del suolo, in altri risultati, riguardanti gli studi sulla flora e la fauna, sono stati evidenti i vantaggi delle coltivazioni biologiche.
Analisi dell’impatto dei trattamenti fitosanitari sulla lucertola campestre
Sono stati studiati cinque noccioleti per l’area di Viterbo tra giugno e luglio 2018, noccioleti selezionati con i seguenti criteri (1 non trattato, 2 biologici, 2 a trattamento convenzionale di cui uno trattato solo con tebuconazolo e lamba-cialotrina mentre l’altro, oltre ai due già citati, è stato trattato con con metiltiofanato e deltametrina.
Su un totale di 76 animali prelevati si è vista in generale, nei campi convenzionali, un’attivazione del sistema antiossidante e uno stress ossidativo, oltre che un’attivazione del sistema di detossificazione. Molto significativo l’aumento di genotossicità negli organismi prelevati nei campi a trattamento convenzionali, statisticamente superiore rispetto al biologico e al non trattato.
Si è vista anche la differenza nei due campi convenzionali, con un aumento delle risposte e di effetti negli organismi prelevati dal campo dove vi è utilizzo di quattro fitofarmaci, rispetto al campo convenzionale con due fitofarmaci.
La seconda tipologia di studio riguardante le lucertole campestri si è incentrata su “riproduzione e sviluppo” ed ha preso in esame le uova e i giovani esemplari appena nati. Nonostante non vi siano state differenze per numero di uova deposte tra gli esemplari dei campi convenzionali e quelli biologici, la differenza si è trovata a livello di volume e massa delle uova, risultando più piccole nelle uova dell’ambiente a coltivazione convenzionale, anche l’indice di condizione dei giovani esemplari è risultato essere inferiore nei campi a trattamento convenzionale.
In sintesi, le lucertole esposte ai fitofarmaci attivano inizialmente dei meccanismi di difesa per contrastarne gli effetti (attivazione del sistema di detossificazione e del sistema antiossidante) con conseguenti effetti sub-letali di disturbo quali: stress ossidativo, danno al DNA, uova più piccole e giovani meno sani.
Sebbene quindi le analisi dei suoli dei campi presi in esame non abbiano rilevato elevate concentrazioni di fitofarmaci ed effetti tossicologici evidenti, nelle lucertole il trattamento convenzionale con fitofarmaci ha avuto effetti tossicologici sub-letali rispetto agli esemplari dei campi biologici e senza trattamenti, questi effetti negativi sono stati più intensi nel caso dei trattamenti con quattro fitofarmaci.
Risultati emersi dalle analisi che riguardano flora e vegetazione nei noccioleti
- I campionamenti sono stati effettuati nelle fasce periferiche immediatamente esterne al coltivo e lungo i medesimi transetti utilizzati per il campionamento degli Apoidei (250 m X 2 m)
- I campi selezionati sono stati visitati tre volte per ciascuna annualità: nel periodo primaverile delle fioriture precoci, nel periodo delle fioriture tardo primaverile-estivo (periodo del solstizio) e a settembre, quando le operazioni colturali (tranne il raccolto) sono terminate
- Le specie determinate a fine del ciclo stagionale di tutte le aziende per quel tipo di coltura sono state inserite in una tabella generale.
Per ciascun campo e per ciascun anno sono stati calcolati una serie di indici per analizzare l’impatto sulla flora delle diverse tipologie di gestione
- Numero di specie: maggiore nelle comunità ,meno disturbate e nelle parcelle gestite con metodi a basso impatto sulla biodiversità floristica.
- % di elementi di pregio: specie di comunità legate alle successioni dinamiche naturali generalmente più sensibili ai trattamenti fitosanitari
- % di elementi infestanti: specie resistenti all’uso ripetuto di erbicidi, che tendono ad aumentare in condizioni di forte disturbo e di alterazione ambientale
- % di emicriptofite: indicatrici di ambiti poco disturbati e sono spesso legate a dinamiche successionali verso la vegetazione potenziale.
- Indice di maturità: Si esprime con valori che variano da 0 (elevato disturbo della vegetazione) a 9 (vegetazione indisturbata)
Nelle aree prese in esame sono state riscontrate notevoli varietà di specie essendo i noccioleti in prossimità di habitat naturali. Le specie utilizzate come indicatori di pregio sono quelle delle serie forestali o delle praterie naturali che talvolta sono state sostituite dai noccioleti ma la cui flora può permanere.
Dagli studi effettuati risulta che, nell’intero periodo, vi è una maggiore diversità della flora ai margini dei noccioleti biologici (207 specie) rispetto a quelli convenzionali (126 specie riscontrate), con una maggiore percentuale di vegetazione infestante nelle coltivazioni convenzionali (riferibile alla classe Stellarietea mediae), che hanno sviluppato in alcuni casi una certa resistenza ai diserbanti.
Per quanto riguarda la flora di interesse apistico sono state identificate 207 specie di interesse apistico nei noccioleti del Lazio, con una maggiore concentrazione nei noccioleti a coltivazione biologica. Questa tipologia di studio risente comunque della presenza, ad esempio, di alberi da frutta, siepi e poiché elevano il valore ecologico dei margini anche nei noccioleti condotti in maniera convenzionale. Le attività come l’uso di diserbanti e la pacciamatura, riducendo notevolmente la copertura vegetale per tempi più o meno prolungati, hanno effetti avversi anche sulla disponibilità di risorse trofiche per gli impollinatori, in particolare se effettuati nei periodi di massima fioritura (aprile – giugno). Tuttavia, nel caso della pacciamatura utilizzata nei noccioleti biologici, non sembrano rilevarsi significativi effetti sulla ricchezza in specie e sulla banca del seme.
In conclusione, il biologico di solito predomina sul convenzionale poiché nei campi biologici non vengono usati diserbanti e nello stesso tempo si ha una maggiore possibilità che si sviluppino specie sensibili quali quelle tipiche degli habitat naturali.
Impatto dell’agricoltura convenzionale sulla pedofauna
Lo studio ha preso in esame anche l’impatto dei prodotti fitosanitari e diserbanti sulla catena trofica del detrito ossia quegli organismi che “lavorano” la sostanza organica del suolo inoculando e gestendo le spore dei funghi e i batteri, questi poi decompongono le sostanze organiche, facilitano il riciclo dei nutrienti, la trasformazione dei nutrienti, la pulizia delle acque e il tamponamento delle contaminazioni. Tutto questo serve a restituire alla natura ciò che altrimenti andrebbe perduto, le sostanze di scarto vengono riportate ai loro elementi di base per essere utilizzata per l’unica vera economia circolare del nostro pianeta.
Il prelievo è stato effettuato con tre repliche di zolle cubiche con 10cm di lato per ogni campo.
Dallo studio emerge una maggiore presenza di pedofauna nei campioni prelevati dai campi a coltivazione biologica rispetto a quelli convenzionali, specialmente nel secondo biennio di studio (2018 – 2019). Nel biologico. L’analisi conferma che la comunità biotica del suolo discrimina efficacemente i noccioleti biologici da quelli convenzionali e, sempre secondo l’analisi multivariata, l’uso dei prodotti fitosanitari appare il fattore principale per discriminare i due gruppi di noccioleti, biologico e convenzionale.
Su altra analisi di bioindicatore faunistico è stata riscontrato, inoltre, una maggiore presenza in generale degli artropodi del suolo nei campi biologici rispetto ai convenzionali sebbene non siano risultate statisticamente significative. Nel biennio 2015 – 2016, ad esempio, vi è stata un’abbondanza maggiore di artropodi nel convenzionale (in modo specifico in un campo), ma con indici di biodiversità sempre maggiori nei noccioleti biologici. Anche per i coleotteri carabidi si ripete la situazione vista negli artropodi.
Sugli apoidei vi è una sensibile differenza, a vantaggio dei noccioleti biologici. Per i pipistrelli i contatti sono risultati maggiori anch’essi nei campi biologici nel biennio 2018 – 2019, mentre nel biennio 2015 – 2016 si è vista una presenza identica e leggermente predominante nei campi convenzionali, sebbene non significativa.
Lo studio, in generale, ha dimostrato come nei campi a coltivazione biologica ci sia una maggiore concentrazione di biodiversità, che nelle coltivazioni convenzionali risente dell’utilizzo di prodotti fitosanitari ed erbicidi, che riducono l’habitat floristico e di conseguenza faunistico (ad esempio gli impollinatori), oltre che a generare esempi di tossicità in alcune specie animali che vivono nelle nostre campagne coltivate con le nocciole.