Rapporto Legambiente, nella frutta che mangiamo oltre il 70% di pesticidi

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È quanto emerge dal Dossier annuale “Stop pesticidi” stilato da Legambiente e realizzato in collaborazione con Alce Nero, presentato lo scorso 17 dicembre e secondo cui “quasi la metà dei campioni” dei prodotti “analizzati contiene residui di pesticidi”, e “nella frutta” si arriva a “oltre il 70%”.

Secondo il Dossier 2020 di Legambiente infatti è “regolare e privo di residui di pesticidi solo il 52% dei campioni analizzati; un risultato non positivo e che lascia spazio a molti timori sulla presenza di prodotti fitosanitari negli alimenti e nell’ambiente”.
Dall’analisi dei dati negativi, si evince che “il 46,8% di campioni regolari presentano uno o più residui di pesticidi”. Il picco nella frutta viene raggiunto dall’89,2% per “l’uva da tavola”; segue “l’85,9% per le pere e l’83,5% per le pesche”; mentre “tra i campioni esteri, una bacca di goji” contiene “ben 10 residui e il tè verde 7 residui provenienti dalla Cina”.
Il documento mette in evidenza che “i pesticidi più diffusi negli alimenti in Italia sono Boscalid, Dimethomorph, Fludioxonil, Acetamiprid, Pyraclostrobin, Tebuconazole, Azoxystrobin, Metalaxyl, Methoxyfenozide, Chlorpyrifos, Imidacloprid, Pirimiphos-methyl e Metrafenone”. Si tratta – viene spiegato – “per la maggior parte” di “fungicidi e insetticidi utilizzati in agricoltura che arrivano sulle nostre tavole e che, giorno dopo giorno, mettono a repentaglio la salute dell’ambiente e la nostra”.

L’impiego di antiparassitari in agricoltura è largamente diffuso nonostante sia possibile raggiungere standard di qualità superiori e proteggere le coltivazioni dagli attacchi degli insetti e dal possibile sviluppo di malattie intervenendo in maniera alternativa all’uso dei pesticidi, con tecniche di prevenzione, come ad esempio l’applicazione di corrette pratiche di gestione agronomica.

Secondo Legambiente “la quantità di residui derivanti dall’impiego dei prodotti fitosanitari in agricoltura, che i laboratori pubblici regionali hanno rintracciato in campioni di ortofrutta e prodotti trasformati, resta elevata. Ma il problema vero è il multiresiduo, che la legislazione europea non considera come non conforme se ogni singolo livello di residuo non supera il limite massimo consentito, benché sia noto da anni che le interazioni di più e diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o addirittura sinergici a scapito dell’organismo umano”.

Questo deve far riflettere sul futuro dell’agricoltura in Europa, dove occorre un radicale cambio di rotta, meno pesticidi e più agricoltura biologica, biodiversità, salute e benessere per i cittadini e rispetto per l’ambiente.

Di seguito il Dossier completo di Legambiente