Il Biodistretto della Via Amerina in difesa della produzione biologica e di qualità delle nocciole nella Tuscia

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Il Biodistretto della Via Amerina e delle Forre nel sottolineare l’importanza dell’interrogazione parlamentare dell’ON Muroni ricorda che lo scorso anno proprio grazie all’iniziativa del Biodistretto medesimo fu inserito nel decreto-legge n 76/2020 relativo la necessità di verifica nei terreni di origine vulcanica per controllare la presenza o meno di acido fosforoso.

Tale verifica è necessaria per evitare che la presenza naturale di fosfiti, non indotta dall’uso improprio di sostanze chimiche, potesse determinare il blocco della produzione agricola biologica nel nostro territorio.

L’interrogazione della Muroni sottolinea l’inadempienza del governo che nei sei mesi passati non ha svolto nessuna operato verifica.

La parlamentare conclude dicendo al governo di evitare che a causa delle sue inadempienze si possano avere gravi danni alla produzione corilicola biologica.

“Il danno” dichiara il presidente del Biodistretto Famiano Crucianelli “sarebbe non solo all’agricoltura biologica ma anche a tutta la produzione di qualità del nostro territorio”.

Qui il testo completo dell’interrogazione parlamentare:

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-08913
presentato da
MURONI Rossella
testo di
Mercoledì 14 aprile 2021, seduta n. 486
 MURONI e LOMBARDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

è stato pubblicato il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che fissa il limite massimo di residui di acido fosfonico (sali dell’acido fosforoso) non ammessi in agricoltura biologica;

le nuove norme integrano il decreto ministeriale n. 309 del 2011 che stabilisce, attualmente, per i prodotti «bio», relativamente alla contaminazione di sostanze non autorizzate, il valore di 0,01 mg/kg quale limite al di sopra del quale un prodotto non può essere certificato come biologico;

le integrazioni apportate con il nuovo decreto prevedono una specifica deroga che innalza i limiti per i residui di acido fosfonico a 0,5 mg/kg nei prodotti orticoli e 1,0 mg/kg nei frutticoli e di acido etilfosfonico fino a 0,05 mg/kg nel vino fino al 31 dicembre 2022;

la problematica della presenza di residui di acido fosfonico ed etilfosfonico in alimenti «bio» è nota da tempo e riguarda tutte le produzioni europee. In molti stati membri dell’Unione Europea è stata riscontrata la irregolarità di prodotti «bio» dovuta alla contaminazione di acido fosfonico. Ma se gli altri Stati membri non hanno mai fissato un limite massimo di residui, per l’Italia questo è stato fatto;

il decreto ministeriale 7264 del 2020 è stato redatto sulla base delle risultanze scientifiche di alcuni progetti finanziati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali a partire dal 2016, quali «Strumenti per l’emergenza fosfiti nei prodotti ortofrutticoli biologici» (Biofosf) coordinati dal Crea/Agricoltura e ambiente;

tramite il confronto tra gestione integrata e gestione biologica i ricercatori hanno verificato che il fosforato non viene mai prodotto spontaneamente dalla pianta, ma deriva esclusivamente da apporti esterni che possono essere anche di origine involontaria. Pertanto, non si potrebbe desumere «la corretta applicazione della pratica biologica dalla presenza o meno di questo elemento»;

si sottolinea che il Fosetil alluminio è un principio attivo presente in diverse formulazioni di pesticidi utilizzati per il controllo di malattie funginee e batteriche, ma nessuno di questi è registrato per la frutta in guscio, oltre che non ammesso in agricoltura biologica;

il decreto ministeriale fissa il limite massimo di Fosetil alluminio senza prendere in considerazione la presenza contemporanea di acido etilfosfonico, unico elemento che scaturisce dall’uso di prodotti fitosanitari o coadiuvanti non consentiti in agricoltura biologica ma nel decreto ministeriale n. 7264 del 2020 questa differenziazione non viene citata;

il decreto-legge n. 76 del 2020 convertito dalla legge n. 120 del 2020, al comma 4-bis dell’articolo 43, prevede che per le colture arboree che si trovano in terreni di origine vulcanica in caso di superamento dei limiti di acido fosforoso – stabiliti dal decreto ministeriale n. 7264 del 2020 – qualora a seguito degli opportuni accertamenti da parte dell’organismo di controllo la contaminazione sia attribuibile alla natura del suolo, non si applica il provvedimento di soppressione delle indicazioni biologiche;

si evidenzia che il suddetto decreto-legge ha stabilito che entro 6 mesi dalla entrata in vigore della legge di conversione (13 marzo 2021) possono essere stabilite specifiche soglie di presenza di acido fosforoso per i prodotti coltivati nelle predette aree –:

quali siano i motivi che stanno ritardando la pubblicazione del decreto contenente le specifiche soglie di presenza di acido fosforoso;

quali iniziative intenda assumere per risolvere definitivamente una situazione, come descritta in premessa, che sta nuocendo in maniera quasi irreparabile a un settore importante per la nostra economia, che, se a una chiara disciplina normativa, rischia un vero e proprio blocco di tutta la filiera «bio» della nocciolicoltura, arrecando un danno enorme soprattutto ai territori e agli agricoltori impegnati in uno sforzo gigantesco per favorire una transizione agroecologica.