Comunicato stampa di ClientEarth e di Lipu
L’iniziativa della charity di avvocati ambientalisti ClientEarth e di Lipu si basa su un dato di fatto: i fertilizzanti utilizzati per la coltivazione intensiva delle nocciole stanno distruggendo l’ecosistema
Sul fondo di una conca ammantata di boschi, il lago di Vico è senz’altro uno dei più belli del Lazio e dell’Italia centrale, che secondo una leggenda fu generato dalla clava che Ercole conficcò nel terreno”: così la zona viene descritta da un’associazione di guide turistiche ed escursionistiche tra le tante attive nella Tuscia.
Questo territorio, ricchissimo dal punto di vista della biodiversità, ha permesso l’istituzione di molte aree protette, parchi e riserve naturali. Il Lago di Vico fa parte di Natura 2000, la rete ecologica istituita dall’Unione Europea per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciate o rari.
A discapito dell’apparenza, però, e anche delle normative nazionali ed europee, le acque del Lago di Vico sono tutt’altro che paradisiache.
Le fioriture di alghe rosse, che striano il lago in determinati periodi dell’anno, sono il segno evidente di un processo noto come eutrofizzazione: le alghe tolgono ossigeno all’acqua e il lago, lentamente, muore, così come ogni forma di vita al suo interno.
In aggiunta, questo tipo di algarilascia sostanze chimiche cancerogene e tossiche, che non possono essere rimosse mediante processi di purificazione.
Ecco perché gli avvocati ambientalisti della charity ClientEarth, insieme a Lipu, hanno deciso di avviare un’azione legale nei confronti della Regione Lazio, dell’Autorità per il Servizio Idrico e dei Comuni di Ronciglione e Caprarola, in Provincia di Viterbo.
L’accusa? Non aver adottato le necessarie misure per salvaguardare le acque e la conservazione del sito naturale, nonché la salute dei cittadini, violando di fatto le normative nazionali ed europee.
L’acqua che esce dai rubinetti delle case dei Comuni di Caprarola e Ronciglione, che proviene dal Lago di Vico, è infatti stata dichiarata dalla pubblica amministrazione non potabile. Tra le cause anche le tossine rilasciate dalle alghe rosse, dannose per l’ambiente e, se ingerite, per la salute delle persone.
Responsabili del sovraccarico di nutrienti che favorisce la presenza delle alghe sarebbero i fertilizzanti utilizzati nelle aree agricole che circondano il lago caratterizzati per lo più dalla coltivazione intensiva delle nocciole: le piantagioni coprono più di 21.700 ettari nella regione, presentandosi lungo le sponde del Lago di Vico come una monocultura.
Il continuo accumulo di queste sostanze, che si riversano nelle acque, ha causato la fioritura dell’alga rossa trasformando il lago in un ambiente tossico.
Lara Fornabaio, giurista di ClientEarth esperta di diritto alimentare e dell’agricoltura, ha dichiarato: “L’incapacità delle autorità italiane di proteggere questo sito e la sua biodiversità mette a rischio la salute dei cittadini e dell’intera comunità. Non solo: è dovere delle pubbliche amministrazioni assicurarsi che le loro terre si conservino intatte nel loro potenziale. Consentendo a queste pratiche agricole intensive di continuare, le amministrazioni dimostrano di non prendere sul serio il loro ruolo di custodi dell’area: oggi l’acqua non è potabile, domani non sarà più possibile coltivare la terra. Che cosa consegneranno nelle mani della prossima generazione?”.
È un dato di fatto che la produzione di nocciole – attività storicamente redditizia – sia aumentata in tutto il Lazio negli ultimi 50 anni. La regione è stata in anni recenti coinvolta anche nel “Progetto Nocciola Italia”, nato in seno al Gruppo Ferrero attraverso la controllata Ferrero Hazelnut Company.
Nell’intento di garantire alla produzione del colosso dolciario un approvvigionamento di nocciole coltivate prevalentemente in Italia, il progetto ha come obiettivo quello di aumentare gli ettari dedicati alla coltivazione del nocciolo del 30% entro il 2025. Significa creare dal nulla – o meglio, da un suolo destinato ad altro – 20.000 ettari di coltivazioni in aggiunta a quelle esistenti, ubicati principalmente del Lazio e nella provincia di Viterbo.
A questo proposito è importante sottolineare che l’impatto ambientale e sanitario della coltivazione intensiva di nocciole, oggi devastante nel Lago di Vico, si registra anche in altri bacini lacustri dell’Alto Lazio: caso noto è quello del Lago di Bolsena.
Sono continui e accorati gli appelli di enti e associazioni locali, che vivono da protagonisti questo dramma ambientale – una tra tutte: il Biodistretto della Via amerina e delle Forre – che non perdono occasione per segnalare la necessità di attuare interventi tesi a preservare gli ecosistemi della zona. Interventi che dovrebbero necessariamente comprendere un cambio di passo nei metodi agricoli prevalentemente applicati nella zona – in primis quello dell’agricoltura intensiva e ancor più della monocoltura.
Federica Luoni, responsabile agricoltura di Lipu, ha dichiarato: “Il caso del Lago di Vico è emblematico di come un modello agricolo basato sull’intensificazione e sulla monocultura stia danneggiando il nostro più grande patrimonio di biodiversità, che fornisce i servizi ecosistemici essenziali come l’acqua potabile e la fertilità del suolo. Ma che ci regala anche preziosi elementi immateriali come la diversità del paesaggio, così tipica del nostro Paese. Occorre che le autorità a tutti i livelli si assumano la responsabilità di regolare e mettere un freno ad un modello di uso del territorio che danneggia gli habitat e le specie, a favore di sistemi diversificati che riportino un equilibrio tra agricoltura e natura“.
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Il contesto giuridico
Nel giugno 2022 ClientEarth e Lipu hanno inviato lettere di diffida alle pubbliche amministrazioni della Regione Lazio e ai Comuni di Ronciglione e Caprarola, nonché alle Autorità del Servizio Idrico e alla AUSL di Viterbo, chiedendo il rispetto delle normative nazionali e dell’Unione Europea.
La risposta è arrivata dalla Regione Lazio in merito a violazioni della Direttiva Habitat e dall’Azienda Sanitaria Locale in merito al mancato rispetto della Direttiva Acqua Potabile. Tuttavia, secondo ClientEarth e Lipu, queste risposte sono state insoddisfacenti: le preoccupazioni sulla qualità dell’acqua potabile non sono state adeguatamente affrontate dai comuni, né dai fornitori di acqua.
Al fine di dare avvio alla fase giudiziaria avanti al TAR Lazio, i ricorsi sono ora stati notificati alle pubbliche Amministrazioni.
ClientEarth e Lipu affermano che, ai sensi della normativa dell’Unione Europea, la Regione Lazio non ha adottato le misure necessarie per evitare il degrado degli habitat protetti nel sito Natura 2000 – Lago di Vico a causa degli impatti causati dalle attività agricole intensive del territorio.
Nonostante la grave eutrofizzazione in atto nel lago, le autorità della Regione Lazio sono state richiamate per non aver identificato l’area come zona vulnerabile ai nitrati.
Secondo ClientEarth e LIPU, anche i comuni di Ronciglione e Caprarola avrebbero dovuto fare di più per evitare l’aumento dell’inquinamento dell’acqua del lago.
Misure ambientali protettive
ClientEarth e Lipu chiedono alle autorità di rispettare le norme ambientali dell’UE e di introdurre le seguenti misure:
· identificare il Lago di Vico come una “zona vulnerabile ai nitrati” in quanto particolarmente vulnerabile ai processi di eutrofizzazione: ciò comporterebbe l’attivazione di regole più severe per l’utilizzo di fertilizzanti nell’area, e l’adozione di pratiche agricole adeguate per proteggere il sito e abbassare il livello di inquinamento delle acque;
· adottare tutte le misure necessarie per prevenire la proliferazione delle alghe come indicato nella direttiva sull’acqua potabile, sviluppando un piano per l’abbassamento del livello di inquinamento agrochimico nel lago in modo da migliorare la qualità dell’acqua utilizzata per il consumo umano;
· adottare misure adeguate per contrastare il degrado degli habitat protetti nel sito Natura 2000 Lago di Vico in linea con gli obblighi previsti dalla Direttiva Habitat.